Guido Roche docente di Progettazione interventi di restauro presso la Scuola di Restauro “Andrea Fantoni” e docente di Termografia IR presso l’Agenzia CasaClima di Bolzano.
Fenomeni di pioggia, condensazione o risalita? Come posso distinguere – in presenza di un problema di umidità sulle murature – da quale patologia è affetto un edificio? Occhio ed esperienza aiutano ad orientarsi. Tuttavia, solo l’esecuzione di prove in loco (di tipo sia qualitativo che quantitativo) può darci la certezza della diagnosi. Così da mettere in atto anche la giusta cura.
A spiegarlo – con un intervento tanto documentato quanto chiaro – è stato in occasione della tappa “toscana” dei webinar del CNT-APPs 2021 che si è svolta lo scorso 26 marzo – il professor Guido Roche docente di Progettazione interventi di restauro presso la Scuola di Restauro “Andrea Fantoni” e docente di Termografia IR presso l’Agenzia CasaClima di Bolzano.
«La risalita capillare – ha spiegato – rappresenta una delle principali patologie che affliggono gli edifici storici. La presenza di umidità da falda coinvolge, infatti, l’80% del patrimonio costruito in epoche passate, su immobili realizzati con materiali di muratura altamente igroscopici. Tuttavia, fare un’analisi a prima vista non basta. Le prove sul campo sono indispensabili per diagnosticare correttamente il male e trovare anche la corretta cura».
Ecco allora che la tecnologia ci viene in aiuto. Solo, però, se unita alla formazione. Avere a disposizione una termocamera di ultima generazione non è sufficiente (anche se rispetto a qualche anno fa la qualità dei rilievi è notevolmente migliorata). Come è scritto nella norma UNI EN ISO 9712 l’operatore termografico non è solo colui che è abilitato a utilizzare una tecnologia, ma è anche capace di farlo. Così come avere la patente non significa essere un pilota di formula uno. In particolare, la norma individua tre livelli di formazione. Il livello 1 include chi sa usare una termocamera per acquisire termogrammi, ma non è preparato per firmare alcuna indagine; il secondo livello identifica chi è abilitato a effettuare una battuta, redigere un report, individuare le procedure operative per eseguire l’indagine e anche sorvegliare gli operatori di primo livello. Infine, il terzo livello riguarda coloro che possono formare il personale. Occorre dunque essere un tecnico di secondo livello per operare in campo con efficacia.
Basta, però, eseguire bene un’indagine termografica per essere certi di poter determinare la tipologia di umidità? Anche in questo caso, la risposta è negativa. «Spesso – prosegue il professore – edifici con degradi molto marcati ci fanno pensare a risalita capillare, ma poi con un’indagine termografica abbinata a una seconda prova, scopriamo che quello che ci pareva risalita non lo era». Alcuni casi pratici. A Campi Bisenzio (Firenze) alla villa Montalvo, biblioteca caratteristica con limonaia, un intervento di intonacatura delle pareti perimetrali nascondeva, alla perfezione, un fenomeno di risalita non visibile ad occhio nudo. Così anche nella Basilica di San Lorenzo a Milano, dal punto di vista ottico si evidenziava la presenza di risalita capillare, ma il fenomeno di umidità era un mancato smaltimento di un pluviale. Ancora. A San Marziale, a Colle Val d’Elsa, un apparente fenomeno di risalita sul muro esterno è risultato essere una semplice concentrazione di acqua piovana non smaltita sulla pelle di una muratura intonacata con intonaco cementizio non poroso. Come si è arrivati a capirlo? «Abbinando alla termografia una prova ponderale con prelievi a 10 cm e 20 cm – spiega Roche – si è visto che mentre sulla superficie la concentrazione di acqua superava il 5%, scendeva ad appena l’1% in profondità, quantità che deve essere considerata fisiologica (ovvero tipica di una muratura asciutta)».
Di conseguenza: fondamentale per diagnosticare sono tre fattori. Avere gli strumenti corretti (le stesse misure capacitive con igrometri portatili, che sono delle rilevazioni superficiali, servono più a valutare la presenza di sali, che la concentrazione di acqua). Effettuare più di una prova sul campo (per incrociare i dati) coinvolgendo tecnici correttamente formati. Conoscere l’edilizia: molto spesso per interpretare il fenomeno è necessario intuire gli errori che possono essere stati fatti in fase di costruzione o in successivi, non corretti interventi di ripristino.