Una tesi di laurea dell’Università di Padova indaga un nuovo metodo per rendere i termogrammi più facilmente interpretabili e ridurre, così, la necessità di prelievi sul campo, più invasivi.
Sintesi dell’intervento dell’ingegnere e prof.ssa Maria Rosa Valluzzi – docente di restauro università di Padova e membro CNT-Apps.
Diagnosticare è la prima regola per curare. Più sono sofisticati i mezzi con cui si svolgono le prove in opera, più il risultato delle opere di risanamento può essere verificato. In tema di umidità di risalita, le prove ponderali condotte con prelievi di muratura a diversa altezza e profondità restano a tutt’oggi il metodo più certo per effettuare una verifica post-intervento, perché si basano su misure quantitative. Questi metodi di indagine sono stati adottati per validare i risultati di deumidificazione conseguiti nelle numerose applicazioni della tecnologia CNT, attestate dalla banca dati del CNT-APPS. Tuttavia, si tratta di analisi invasive e che dunque non possono essere eseguite con frequenza (o che a volte, addirittura, andrebbero evitate) in caso di edifici storici con murature di pregio o che presentano superfici decorate e affreschi. Per questo l’Università di Padova sta conducendo uno studio – portato avanti nell’ambito delle ricerche per una tesi di laurea in Ingegneria Edile e Architettura – per capire se sia possibile migliorare il metodo interpretativo delle analisi termografiche così da renderne i risultati paragonabili a quelli del prelievo di campioni. L’iniziativa è stata presentata – nel corso del webinar organizzato dal CNT-APPs lo scorso 12 marzo 2021 con focus sulla Regione Veneto – dall’ingegner Maria Rosa Valluzzi – docente di restauro università di Padova e membro del CNT-APPs stesso.
«Conoscenza e conservazione rappresentano un binomio inscindibile – ha spiegato la professoressa -. Solo conoscendo possiamo individuare interventi mirati alla soluzione di problemi specifici come quello dell’umidità di risalita per le costruzioni murarie. Una grave patologia per i nostri edifici, da contrastare e risolvere, perché modifica la composizione delle strutture portanti degli immobili e porta alla perdita della testimonianza materica delle strutture stesse, nonché dei beni conservati al loro interno».
Trovare soluzioni di intervento non invasive e metodi per la valutazione dell’efficacia intervento altrettanto non invasivi è tuttavia una priorità. «Le prove ponderali con metodo quantitativo – ha affermato la professoressa – sono la base di una valutazione obiettiva, ma sono spesso distruttive. Al contrario, le analisi termografiche sono una prova qualitativa no contact, molto utilizzate nell’impiantistica e ormai validate anche per certificare l’efficacia di interventi di risanamento da umidità su beni culturali. Tuttavia, l’interpretazione delle immagini termografiche a volte non è rigorosa e, se non viene condotta nella maniera corretta, può portare a diagnosi approssimative». Ecco, dunque, che in questo gap si inserisce la ricerca della tesi di laurea: una opportunità che si è aperta proprio grazie alla presenza di un ampio patrimonio di dati messi a disposizione dal CNT-APPs grazie ai test termografici e ponderali realizzati a seguito delle diverse installazioni della tecnologia CNT studiate dalle Università che aderiscono al partenariato e implementate dai partner industriali Leonardo Solutions e Domodry.
«Il nostro sforzo è quello di cercare di limitare le libere interpretazioni, a vantaggio di un metodo che possa rendere i risultati interpretabili – ha proseguito Maria Rosa Valluzzi -. Quali sono le problematiche ricorrenti alla base degli errori di diagnosi? Ad esempio, l’assenza di ortogonalità dell’immagine termografica o la presenza di elementi di disturbo come ponti termici che impattano sul rilievo». A partire, al contrario, dal nutrito campione di termogrammi a disposizione dalle prove della CNT, l’Università di Padova ha selezionato da 35 case-history eseguite in tutta Italia, circa 200 termogrammi confrontabili, che sono stati ritagliati e ricalibrati in modo da avere riferimenti univoci e coerenti e di cui è stata ridefinita la palette cromatica.
«Il confronto vero, depurato di elementi che possono tradire la reale rilevazione dell’efficacia del sistema – spiega la professoressa – ci ha permesso di accedere a una fase di valutazioni più sintetiche e compatte, ma ugualmente rigorose. Che ha messo in luce come la termografia oggi sia un metodo di indagine affidabile e serio». Non solo. La tesi ora entrerà in una seconda fase di confronto. Casi come la Chiesa di San Lazzaro di Treviso o dell’Oratorio di San Michele a Padova, in cui oltre alle termografie sono a disposizione anche le prove ponderali. «Il confronto fra i due metodi – ha concluso la professoressa Valluzzi- ci permetterà di perfezionare il nostro modo di elaborare le termografie così da isolare elementi problematici e renderle del tutto sostituibili alle prove ponderali». Almeno laddove queste non possono essere eseguite.