L’evento – l’unico in Italia interamente dedicato al tema del fundrasing come risorsa per la rinascita del nostro patrimonio storico – si svolge da oggi al 16 dicembre. I principali stakeholder pubblici, privati e non profit del mondo della cultura si confrontano per stilare un documento di linee guida concrete ad attivare anche in Italia la cultura del fundrasing culturale. Carlo Ostorero, Professore al Politecnico di Torino e membro del CNT-APPs, parteciperà il 14 dicembre al tavolo tecnico che si svolgerà dalle 16.00 alle 18.00 sul tema “Organizzazioni fundraising-oriented: come formare il personale degli enti culturali per organizzazioni più sostenibili”.
«L’Italia è ritenuta da tutti la prima potenza culturale del mondo. Tuttavia questa potenza è priva di un “esercito” e di “armi” adeguate a sostenere economicamente il nostro patrimonio culturale materiale e immateriale. L’esercito è rappresentato dalle risorse umane professionali da dedicare al fundraising, le armi sono gli strumenti organizzativi, tecnici, amministrativi, fiscali per fare bene la raccolta fondi. L’evento intende liberare il potenziale che le organizzazioni e le istituzioni culturali hanno in questo campo, posto che gli italiani esprimono una forte propensione a sostenere la cultura e che il mondo intero guarda all’Italia come un patrimonio culturale dell’umanità sul quale occorre investire responsabilmente». Con queste parole Massimo Coen Cagli, direttore scientifico della Scuola di Fundraising di Roma, ha presentato l’iniziativa “+Fundraising +Cultura. Affrontare le nuove sfide del settore culturale. Il fundraising come risposta immunitaria” organizzata dalla Scuola di Fundraising di Roma in collaborazione con Patrimonio Cultura e che si svolge on line e in presenza da oggi fino a giovedì 16 dicembre 2021. Alla vigilia dell’evento, lo abbiamo intervistato per mettere a fuoco l’importanza di un settore che, se ben sviluppato, potrebbe davvero fare la differenza.
Il fundrasing in tutto il mondo è uno strumento utilizzato e che funziona. L’Italia come si posiziona sul tema?
«Purtroppo nel nostro Paese siamo ben al di sotto di ogni standard. Appena il 10% delle istituzioni culturali hanno al loro interno una figura dedicata alla ricerca di fondi esteri. Non parlo di realtà piccole, sottodimensionate e minori, ma di soggetti conosciuti e che, sulla base della propria notorietà, potrebbero ottenere grandi risultati. Al contrario, nei Paesi stranieri, anche europei come ad esempio la Germania, il fundrasing è diffuso e anche le realtà più piccole investono a questo scopo in personale dedicato».
Una grave perdita…
«Sì, un vero paradosso. Soprattutto perché come rivela una recente ricerca pubblicata da Cultural Philanthropy che raccoglie dati di diversi Paesi e li mette a confronto, il 40% della popolazione adulta italiana dichiara una propensione a sostenere con fondi privati il patrimonio e le attività culturali con una disponibilità media di oltre 80 euro di donazione annua. Un valore molto alto se lo paragoniamo a Stati, come l’Inghilterra, dove il fundrasing funziona, ma appena il 20% dei cittadini si dichiara propenso al tema».
Il limite è culturale o c’è altra mancanza?
«Molto dipende dalla mancanza di formazione adeguata degli operatori. Da una parte gli italiani non parlano bene l’inglese e questo di certo è un ostacolo. Dall’altra, non c’è competenza per preparare le figure professionali deputate alla ricerca di fondi. Ma attenzione. Perché di fatto il fundraising non è un’attività da addetti ai lavori o da specialisti. Al contrario, è un’attività che va riconosciuta come importante dalla collettività e il cui sviluppo dipende della capacità dimostrata dall’intero ecosistema, dalle istituzioni culturali alle piccole associazioni, passando per gli enti pubblici, le fondazioni e le imprese, fino ai singoli cittadini. Per questo, il vero punto di partenza è innanzitutto far comprendere le opportunità che racchiude il settore. Per fare in modo che le diverse realtà si organizzino individuando innanzitutto figure deputate».
Il CNT-Apps è diventato partner dell’iniziativa. In cosa può essere utile questo scambio di competenze?
«La nostra scelta è adottare un’ottica multi-stakeholder che rispecchi la complessità del settore culturale come chiave di lettura del ruolo del fundraising nel contesto post-pandemico. In quest’ottica, crediamo che la competenza di chi lavora in modo tecnico sul tema della manutenzione e del restauro possa essere di grande supporto a chi fa fundrasing, anche per dare garanzie che i fondi raccolti siano impiegati in modo utile e durevole per il rilancio del nostro patrimonio storico-culturale».
Quale è l’obiettivo che vi ponete da questa seconda edizione di “+Fundraising +Cultura”?
«La prima edizione che si è tenuta nell’aprile 2019 è servita a stilare una mappatura degli ostacoli che incontriamo nel nostro Paese nel chiedere e concedere sostegno da parte dei privati alla cultura. Questa seconda edizione vuole favorire il passaggio “dal dire al fare”, chiamando a raccolta i decisori e gli interlocutori a vario titolo del mondo della cultura, affinché individuino quelle azioni di natura culturale, sociale, economica e amministrativa, che, realisticamente e in tempi brevi, possano essere messe in atto per far crescere il fundraising sia sul versante di “chi chiede” che su quello di chi “sostiene”, specialmente in un’ottica di ripresa post-covid e di attuazione del PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza».
L’evento
“+Fundraising +Cultura” è l’unico evento italiano interamente dedicato al tema, in grado di coinvolgere i principali stakeholder pubblici, privati e non profit del mondo della cultura. Rappresenta l’occasione per prendere atto che allo scopo di rendere sostenibile la cultura, in quanto principale asset di sviluppo sciale ed economico del Paese, occorre investire anche nello sviluppo qualitativo e quantitativo del fundraising culturale, superando gli ostacoli culturali, organizzativi, amministrativi e politici che impediscono un suo pieno sviluppo.
“+Fundraising +Cultura” non è né un convegno o festival, né una “fiera del fundraising culturale”, ma un pensatoio pratico e concreto e un percorso partecipato di spunti e pratiche focalizzate sul tema della sostenibilità della cultura.
Le prospettive di rilancio del Paese, soprattutto nel quadro del PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, da un lato, e il manifestarsi di una larga parte della cittadinanza orientata a sostenere economicamente la cultura dall’altro, fanno di questa stagione una grande opportunità da cogliere per valorizzare e rendere più sostenibile il nostro patrimonio culturale materiale e immateriale, individuando nel fundraising uno strumento strategico a tale scopo.
Il programma dell’evento, in costante aggiornamento su www.fundraisingperlacultura.it, è il seguente:
- Una sessione plenaria di apertura (in diretta streaming sulla piattaforma di formazione a distanza della Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali: fad.fondazionescuolapatrimonio.it) che illustrerà il programma e i suoi obiettivi e darà voce ad alcuni esperti e protagonisti del mondo della cultura che dialogheranno sull’importanza e sul ruolo del fundraising per lo sviluppo del sistema culturale italiano.
- Sei tavoli di lavoro (in diretta streaming, previa registrazione obbligatoria) dedicati ad altrettante aree tematiche (Aziende, Fondazioni, Terzo Settore, Enti locali, Istituzioni culturali, Formazione) in cui rappresentanti di tutti gli stakeholder elaboreranno indicazioni per far crescere il fundraising nel nostro Paese. I tavoli sono presieduti da personalità del mondo della cultura: Carola Carazzone (Assifero), Ledo Prato (Mecenate 90), Carolina Botti (ALES), Vincenzo Santoro (ANCI), Paolo Cuccia (Artribune), Paola D’Orsi (Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali).
- Una sessione plenaria di conclusione (in presenza presso Fondazione Marco Besso – Largo di Torre Argentina 11 – Roma e in diretta streaming su fad.fondazionescuolapatrimonio.it – previa registrazione obbligatoria), in cui le suggestioni e le indicazioni emerse dai Tavoli tematici vengano restituiti ai principali decisori ed interlocutori pubblici e privati del sistema culturale italiano, affinché le facciano proprie e le implementino nei loro programmi e attività.